Prima Lucio Dalla, poi Mango, poi Pino Daniele. Senza un preavviso, senza il tempo di familiarizzare con l’idea della loro assenza.
E nello smottamento interiore, dovuto al dolore che non ha misura, ti chiedi come può non avere tanta misura per persone che non ti erano neanche affettivamente strette, che non sentivi ogni giorno al telefono.
E allora capisci che stai male perché la loro fuga da questo mondo funziona come un amplificatore potente della realtà che vivi ogni giorno, capisci la grandezza artistica di quegli uomini perché la confronti con la pochezza di questo tempo. E il confronto non regge. E non è un fatto nostalgico.
Capisci che quando muore un artista di quelli, muore per sempre un’altra possibilità di rendere bella ed eccitante l’esistenza, per come questi artisti sono riusciti a raccontartela, con quanta bravura e delicatezza siano riusciti a portartela dentro. Anche se è da un po’ che non ci stupivano più, non importa: quando vanno via affiorano sulla pelle della mente le grandi opere.
E quando vanno via ti accorgi che è sempre più difficile trovare chi possa prendere il loro posto. E allora ti senti inesorabilmente abbandonato, stai male per te che resti solo, non per loro che non ci sono più, perché in realtà è da un po’ che non c’erano già più. E senti che la musica proposta oggi, rispetto a quella di quelli lì, è diversa perché proviene dal sogno del guadagno economico e dell’affermazione di sé invece che dall’urgenza incontrollabile di cambiare le cose. E si sente, eccome se si sente. La musica proposta oggi, fatta eccezione per pochi, troppo pochi, sembra mancare di soffio vitale, di quella forza che sposta la gente portandola a sè.
Quegli artisti che abbiamo criticato per la loro incapacità di darci ancora capolavori, un attimo dopo la loro morte li perdoniamo per tutto ciò che non sono stati capaci di fare ancora. E li perdoniamo per quanta bellezza ci hanno lasciato dentro e intorno, per quanto esempio e quanta verità hanno fatto passare con e nella loro arte.
E scopriamo che in eredità ci hanno lasciato qualcosa di ancora più prezioso: a pensarci bene ci hanno svelato un po’ di intrugli per curare la malattia da cui è affetta la musica di questo tempo. A pensarci bene.
Ma di questo ne parleremo più avanti.