DA QUALCHE SETTIMANA L’ASCOLTO DELLA MUSICA IN AUDIO 8D STA DIVENTANDO POPOLARE GRAZIE ALLA DIFFUSIONE ATTRAVERSO WHATSAPP.
Cos’è l’Audio 8D?
È una tecnica di mix e manipolazione del suono che regala all’ascoltatore la sensazione di essere completamente immerso e avvolto dalla musica, una vera e propria esperienza sensoriale.
Sebbene l’Audio 8D possa apparire come un effetto speciale fine a sé stesso che termina con la fine dell’ascolto di un brano, in realtà, quando utilizzato bene, offre la possibilità di aumentare esponenzialmente l’aspetto creativo e comunicativo di una composizione musicale.
Grazie all’Audio 8D che permette la distribuzione dei suoni, il loro movimento a 360° e lo sfruttamento delle profondità, l’arrangiatore diventa regista e scenografo di un film, architetto e interior designer anche dell’ambiente in cui la musica viene ascoltata, rendendo ancor più tangibile e realistico il messaggio musicale.
Per quanto possa risultare nuovo, questo trattamento del suono ha origini proprio in Italia negli anni ’80 ad opera di Umberto Maggi, Maurizio Maggi e dell’ingegnere elettronico argentino Hugo Zuccarelli. Questa tecnica fu chiamata olofonia prendendo il nome da uno speciale microfono denominato olofono che permette di riprodurre un suono simile a quello che viene percepito dall’apparato uditivo dell’uomo: il suono non si diffonde più sui padiglioni delle cuffie o nell’arco stereofonico classico, ma addirittura fuori dalla testa, quasi nelle esatte coordinate spaziali di registrazione. (Fonte Wikipedia)
Nei crediti del disco di Lucio Dalla “1983” si legge: «L’olofonia usata in “Camion” permette un ascolto in termini reali della fonte sonora in tutta la sua spazialità. Per la migliore resa di questi effetti si consiglia l’ascolto in cuffia».
Ma perché questo modo di ascoltare la musica non si diffuse – come avviene oggi – negli anni ’80?
A cavallo tra gli anni ‘70 e gli anni ‘80 ci fu il boom degli impianti HI-FI: l’acquisto di un piatto (giradischi) , di un amplificatore e di due casse acustiche “serie” era il sogno di tutti, dagli adolescenti in poi. Io ho ancora sotto la pelle la commozione di quell’acquisto invidiato, patito, pianto e, per sfinimento dei miei genitori, ottenuto.
All’epoca, possedere un impianto HI-FI era motivo di socialità e condivisione della musica con gli amici – con cui ci si incontrava a casa dell’uno e dell’altro – quasi per giocare alla gara subliminale di chi aveva l’impianto migliore, più potente.
In realtà era la musica stessa ad avere la capacità e il ruolo di unire una società predisposta all’incontro. In linea di massima, l’utilizzo delle cuffie, all’epoca, era più che altro un modo per “non disturbare” familiari e vicini di casa quando si voleva ascoltare musica (sempre). Poi arrivò il walkman che voleva dire portarsi la musica ovunque, ma quella è un’altra storia dentro la nostra storia.
Invece, per gli appassionati feroci di musica – quelli che poi sarebbero diventati musicisti – la cuffia era una sorta di microscopio con cui andare a spulciare ogni singola molecola della musica che si amava.
Perchè l’Audio 8D oggi ha un senso?
Oggi le cose sono cambiate radicalmente essendo cambiate le tensioni sociali e con esse anche il senso dell’ascoltare la musica che lo streaming ha trasformato in esperienza individuale. Condizionati – se non obbligati – dalla fruizione liquida, oggi la musica la ascoltiamo per lo più in solitudine, con cuffie o auricolari collegati allo smartphone.
Ecco perché è proprio oggi il momento in cui l’esperienza dell’Audio 8D ha pieno motivo di esistere.
Per gli addetti ai lavori convertire i brani in Audio 8D vuol dire realizzare il video di una canzone solo con immagini immaginate, dimenticandosi che è solo immaginazione: un’esperienza irrinunciabile sia per chi ascolta che per chi crea.